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lunedì 3 novembre 2014

Camici bianchi neri di rabbia

I neolaureati in Medicina e Chirurgia erano già abbastanza nervosetti ultimamente. Come biasimarli? Trovarsi a competere in 12mila per 5mila contratti da specializzandi non è una cosa che mette di buon umore, poco ma sicuro. Soprattutto se essere nei 7mila che restano fuori ti garantisce di non poter essere assunto da nessuna altra parte. Già, perchè in Italia, il Paese delle Meraviglie, essere laureato in Medicina non ti garantisce di poter fare il medico. Eh no, sarebbe troppo facile. Devi essere specializzato, se non vuoi passare la tua vita a fare la guardia medica o a sostituire i medici di base in caso di ferie o malattia.
All'ovvio e giustificabile nervosismo per la totale incertezza del proprio destino si è andata ad aggiungere l'angoscia per la novità dell'anno: il test nazionale. Belle le premesse su cui si basa, cioè ridurre il potere dei baroni universitari, un po' meno belle le possibili conseguenze, cioè rischiare di finire dall'altra parte dello stivale per poter avere un posto di lavoro.
Ma se già il MIUR (Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca) aveva fatto 30, ecco che il CINECA, l'ente che prepara e elabora i test d'ingresso a Medicina e a cui è stata affidata l'organizzazione del test nazionale, ha pensato bene di fare 31. Eh si, il caro CINECA ha pensato bene di scambiare due delle tre prove del test. Mi spiego meglio. Le specializzazioni a cui un laureato in medicina può accedere sono suddivise in tre aree: Area Medica, Area Chirurgica e Area dei Servizi. Ogni candidato poteva concorrere per massimo 2 specialità all'interno di ogni area e il test si componeva di una parte "generale" dell'area scelta e una parte specifica riguardante la specializzazione per cui si concorreva. Si dà il caso che i test "generici" per l'area medica e per quella dei servizi siano stati scambiati. E gli aspiranti specializzandi si sono incazzati, Ma proprio tanto.
Il problema, a questo punto, è che chiunque rimanga fuori potrà fare ricorso sapendo di avere già la vittoria in tasca, Insomma, è come denunciare un chirurgo perché ti ha tolto il rene sbagliato:lui ha sbagliato, lui deve pagare. Tutti questi ricorsi costeranno parecchio al MIUR, senza contare che gli aspiranti specializzandi lividi di rabbia hanno già in programma una manifestazione per il 5 novembre per chiedere le dimissioni del Ministro e lo stanziamento di 12mila contratti per rimediare a questo pasticcio. Tutto questo verrebbe a costare 600 milioni di euro circa, Una cosina da nulla, insomma. Quando si dice "pagare caro un errore".

venerdì 3 ottobre 2014

In nome di Dio

A Torino, domenica 5 ottobre si svolgerà una manifestazione che mi fa vergognare di vivere in questa città.
Un branco di bigotti accecati dall'ignoranza si ritroverà in una piazza per pregare contro i diritti dei gay. Il "bello" è che una simile manifestazione si è già svolta a marzo. Per la serie "errare è umano, perseverare è diabolico".
Siamo veramente arrivati (o meglio tornati) a questo punto? Tiriamo di nuovo in mezzo Gesù Cristo e la Madonna nelle nostre stupide battaglie personali? Non ci hanno insegnato nulla le Crociate e la Santa Inquisizione? Quale sarà il prossimo passo? Riaprire la caccia alle streghe bruciando sul rogo gli omosessuali questa volta?
Siamo tanto bravi a criticare i Musulmani che compiono attentati e obbligano le loro donne a sottostare a regole inflessibili in nome della religione, eppure il marcio c'è dappertutto. Quale Dio vorrebbe questo? Di sicuro non quello di cui mi hanno parlato per anni e anni in oratorio. Di sicuro non quello in cui credo io.
Vi scoccia così tanto che due persone diverse da voi per interessi e preferenze sessuali possano vivere felici e contente mettendo su una famiglia? Era forse meglio quando gli omosessuali vivevano una vita piena di ipocrisia sposando donne che non amavano? Credete forse che l'omosessualità sia una "moda" degli ultimi tempi? No, i gay ci sono sempre stati. Adesso hanno solo trovato il coraggio di lottare contro un mondo di merda che non li accetta per quello che sono.
Ok, l'idea che due uomini (o due donne) si sposino e adottino dei bambini può essere difficile da accettare. Lo capisco. Le novità sono sempre difficili da mandare giù. Ma a noi eterosessuali cosa cambia? Non ci porta nessuno svantaggio. È davvero meglio far crescere un bambino in un orfanotrofio piuttosto che con due persone che si amano e che lo amano? È vero, non è una famiglia "tradizionale", ma neanche le famiglie costituite da un genitore single e un figlio sono "tradizionali", eppure funzionano. Ai bambini basta essere amati, non importa se hanno un papà e una mamma o 2 mamme o 2 papà. È l'amore e il calore di una famiglia che fa la differenza. Vive sicuramente meglio un bambino con due papà che si amano e si rispettano che un bambino figlio di due genitori "normali" il cui matrimonio esita in un divorzio. E non venitemi a dire che il problema sono gli altri bambini che li prenderebbero in giro. Basterebbe educare i propri figli ad amare e rispettare il prossimo. La mela non cade mai lontano dall'albero: se tuo figlio è un bulletto che prende in giro il figlio di una coppia gay, da qualcuno avrà imparato.
La prossima volta che avete voglia di organizzare un flashmob religioso per pregare tutti insieme appassionatamente, scegliete almeno qualcosa di più furbo per cui pregare. Pregate per i bambini che ogni giorno sperano di trovare una famiglia pronta ad accoglierli. Pregate per i bambini che ogni giorno muoiono nei reparti di oncologia pediatrica. Pregate per le donne che ogni giorno vengono uccise o maltrattate dai loro "innamorati". Pregate per i preti pedofili, perché possano bruciare tra le fiamme dell'inferno in eterno. E soprattutto pregate per voi stessi perché possiate ritrovare la ragione.

lunedì 29 settembre 2014

Scherzi di cattivo gusto

Il bello della razza umana è che non finisce mai di stupirmi. Il brutto della razza umana è che mi stupisce quasi sempre in senso negativo. Questa volta a stupirmi sono stati due "giochi" alquanto di cattivo gusto.
Il primo è stato ideato da una coppia di buontemponi. Questi soggetti, dopo aver formato una gang, hanno indossato una maschera bianca e una felpa nera con il cappuccio e hanno deciso di impiegare il loro tempo spaventando degli ignari passanti per le strade di Milano. Lo scherzo consisteva nel far credere al malcapitato di turno di essere sul punto di essere aggredito per poterne filmare le reazioni. Una candid camera horror, in pratica. Bello, complimenti. Mi stupisco del fatto che a nessuno dei passanti sia venuto un attacco di cuore per lo spavento. Pare però che uno dei fortunati che hanno subito lo scherzo abbia cercato di difendersi brandendo una bottiglia. Mi dispiace che non l'abbia spaccata in testa a qualcuno di questi burloni: sarebbe stata una buona occasione per rinsavire.
Il secondo scherzone di pessimo gusto è il "Knockout game". E' una moda che è partita dagli americani (strano, eh?) e che gli italiani hanno prontamente copiato (ancora più strano, no?). Il gioco consiste nel fermare un passante chiedendogli una sigaretta per poi tirargli un pugno in faccia mentre lui è distratto. Lo scopo del gioco è mandarlo KO, ovviamente. Anche perché lasciarlo in piedi dopo un cazzotto in faccia potrebbe essere pericoloso visto che il malcapitato potrebbe reagire. Attualmente questi"scherzi" stanno prendendo piede a Roma, Napoli, Venezia e Brescia. Io spero solo che un giorno o l'altro questa scena si svolga davanti a un esperto di arti marziali e che ha voglia di far andare un po' le mani per difendere un innocente. Lo spero davvero tanto. Anche questa potrebbe essere un'occasione di redenzione.
Queste storie mi hanno fatto capire alcune cose. La prima è che ormai il genere umano sta andando in rovina. Il QI medio della razza umana è in caduta libera a quanto pare. Non trovo altra spiegazione a questi comportamenti da decerebrati. La seconda cosa è che se in America va di moda un comportamento malsano noi non possiamo farcelo mancare: il fast food, i pop corn al cinema, l'obesità, i pugni immotivati. Non ci facciamo mancare nulla, a parte la possibilità di comprare armi come se fossero caramelle. La terza cosa che ho capito è che è una fortuna che io non possegga una pistola o una massa muscolare sufficiente perché di fronte a scherzi del genere avrei già fatto dei morti. Parecchi morti.

mercoledì 17 settembre 2014

Fino a che punto

Mi scuso con i miei 50 lettori per la mia lunga assenza che probabilmente avrà contribuito a dimezzarli facendomi tornare ai 25 lettori di manzoniana memoria. E' stata un'estate intensa, non solo per me. Di cose ne sono successe tante e ne succedono ogni giorno.
Oggi, ad esempio, mentre girovagavo su Facebook alla ricerca dell'ispirazione, mi sono imbattuta in uno di quegli odiosi annunci sponsorizzati. No, non era quello di Angelina Jolie che ha perso millemila tonnellate di peso prendendo la pillolina magica. Era qualcosa ancora più inquietante.
L'annuncio in questione mi proponeva, per la modica cifra di circa 16 euro (scarsi) al mese, di far recapitare a casa mia un pacco mensile contenente tutta una serie di prelibatezze, giocattoli e prodotti per la pulizia. Ops, scusate. Mi stavo dimenticando di dirvi che la scatola è per il cane, non per gli umani. Siete sorpresi, vero? Anche il cane nella foto dell'annuncio lo era.
Ora, io amo gli animali in generale (a parte rettili e insetti, ovviamente) e i cani in particolare, però forse stiamo esagerando. Non ne sto facendo una questione di costo. 16 euro al mese non sono una cifra esorbitante, equivalgono più o meno a 3 o 4 pacchetti di sigarette. E' il concetto che ci sta dietro che mi lascia perplessa: consumismo canino. Come se il nostro cane avesse bisogno di una scatola piena di cianfrusaglie per essere felice. Non rendiamo gli animali più complicati di quello che sono in realtà: cibo e coccole in abbondanza sono tutto ciò di cui hanno bisogno. Non pretendono neanche una cuccia calda, a loro bastano il nostro amore e il nostro tempo. Cosa se ne fa il tuo cane di una scatola da 16 euro impacchettata da un estraneo se poi tu non hai tempo per farlo giocare con la pallina o per dargli i grattini dietro le orecchie? Certo, una volta che hai dato al tuo cane cibo e coccole allora puoi anche comprargli una scatola piena di cose per lui, ma a lui non importerà poi così tanto.
Fino a che punto vogliamo andare avanti a umanizzare gli animali e a trasformare noi stessi in bestie? Che senso ha battersi per i diritti di un orso se poi ci voltiamo dall'altra parte quando una ragazza viene maltrattata in mezzo a una strada? Perché siamo disposti a rinunciare alla carne per salvare qualche animale ma non siamo disposti a essere gentili con il prossimo quando abbiamo una giornata no?

venerdì 27 giugno 2014

Quello che ho imparato da questi mondiali

Come se non bastasse il calcio "normale" a riempirci la testa (e anche qualcos'altro) durante tutto l'anno, ecco che arrivano i Mondiali, puntuali come la morte, a rovinarci un'estate su quattro. Sì, a rovinarcela. Perché? Perché non si parla d'altro. Mezzo telegiornale è infestato dalle notizie riguardanti Tizio che si è fatto male, Caio che ha sbagliato il gol, Sempronio che si è incazzato con Caio e così dicendo.
Tutto questo potrebbe anche essere sopportabile se poi vincessimo. Ma la verità è che vinciamo molto raramente. Una volta ogni dimissione di Papa, più o meno. E allora altre polemiche, altri insulti, altri strepiti. Il CT di turno si prende del cretino incompetente da 56 milioni di allenatori improvvisati e si dimette per lasciare il posto al prossimo CT che si rivelerà, almeno agli occhi del popolo italiano, ancora più cretino e ancora più incompetente a meno che non riesca nel miracolo di farci vincere il prossimo Mondiale. Questa volta è toccato a Prandelli. Siamo tutti in spasmodica attesa di sapere chi sarà il prossimo. Io praticamente non ci dormo la notte.
Come accade in ogni sconfitta, c'è sempre bisogno di un capro(ne) espiatorio. Questo prestigioso ruolo è toccato, invece, a (Super)Mario Balotelli, che non l'ha presa molto bene. Vorrei spezzare una lancia in sua difesa, ma proprio non ci riesco. Lui in compenso ha tentato un'arringa difensiva su Instagram dicendo che i fratelli neri non l'avrebbero abbandonato. Gioia, qui nessuno ti sta abbandonando. Stiamo solo dicendo che hai giocato di merda e che non sai fare gioco di squadra. Questo te l'avrebbero anche detto i tuoi fratelli neri, ne sono certa.
La cosa bella dei Mondiali, però, è che riuniscono tutti (o quasi). Quando inizia la partita dell'Italia le strade e i negozi si svuotano e il 99% delle persone incolla il proprio naso al televisore. Uomini, donne e bambini tutti insieme a gustarsi la partita. Le migliori, a mio parere, sono le donne "tifose per caso": sono donne che a malapena sanno che il campo è rettangolare e che si gioca in 11, ma quando gioca la nazionale il loro orgoglio patriottico le chiama a sedersi di fronte alla TV per tifare per il loro Paese.
I Romani dicevano che per tenere a bada il popolo bastavano "panem et circenses". Ecco, noi italiani ci siamo evoluti e ci basta solo il calcio: porta l'Italia sul lastrico dopo 20 anni di promesse non mantenute e nessuno te ne farà una colpa, sbaglia un gol ai Mondiali facendo perdere miseramente l'Italia e verrai crocefisso mediaticamente nei secoli dei secoli. Ridiamo per non piangere.

mercoledì 11 giugno 2014

Shopping al femminile

Dopo aver preso in considerazione l'atteggiamento degli uomini di fronte allo shopping, mi sembra doveroso prendere in considerazione quello delle donne. Dopotutto siamo noi le vere regine di questa attività. Per quanto possa essere vario e variegato l'atteggiamento della donna di fronte a una giornata di shopping, mi permetto di raggruppare l'intero genere femminile in due grandi categorie: compratrice compulsiva e compratrice riflessiva.
La compratrice compulsiva è una persona metodica e determinata. Impiega circa 10 secondi per capire se un negozio fa al caso suo. Non va a fare shopping se non ha già in mente qualcosa di preciso. Una volta focalizzato l'obiettivo ha una mira da cecchino. Troverebbe il maglioncino rosso che sta cercando o il vestitino bianco che desidera tanto anche nel più caotico e disordinato dei negozi. Generalmente odia essere aiutata dalle commesse perché sa di potersela cavare da sola. Il suo pomeriggio di shopping può durare anche solo dieci minuti se trova quello che cerca al primo negozio. Non prova nulla che non comprerebbe e non compra nulla che non abbia prima provato. Se un capo la fa riflettere per più di 30 secondi è una battaglia persa: non lo comprerà. L'unica cosa che la mette in crisi è dover scegliere tra due capi simili: li comprerà entrambi se il suo portafoglio lo consentirà. È in grado di dilapidare un patrimonio in un pomeriggio. Accompagnarla a fare shopping è come togliersi un cerotto: rapido e (quasi) indolore. È la compagna di vita che ogni uomo vorrebbe. Almeno finché i conti correnti rimangono separati.
La compratrice riflessiva, invece, è l'esatto opposto. Entra in qualsiasi negozio le si pari davanti. Poco importa se all'interno ci sono vestiti che non indosserebbe neanche se la pagassero. Esce di casa con l'idea di comprare un paio di stivali e torna a casa con tre maglioni di lana e un paio di jeans. Per gli stivali c'è sempre tempo. Non c'è un capo nel suo armadio che non sia stato comprato dopo una lunga e sofferta riflessione. Dalle infradito al vestito da sposa niente viene comprato in modo impulsivo. Spesso cerca il supporto della commessa di turno che inevitabilmente si ritroverà a domandarsi cosa ha fatto di male per meritarsi questa croce. Spesso, dopo un'ora passata a rimuginare sugli stessi quattro vestiti, decide di tornare il giorno seguente perché "ci devo pensare". 90 volte su 100 non tornerà. Accompagnarla a fare shopping è come una tortura cinese: non sai quando arriverà la domanda seguente. "Cosa dici? È meglio rosso? Si, mi piace, ma forse blu lo uso di più, no? Secondo te sono meglio questi anfibi o queste infradito? Dici che va bene per andare a un matrimonio? Non so, dici che ci vuole una taglia in più?" Nessun uomo sano di mente accetterebbe di partecipare a questa follia. A meno che non sia sotto ricatto. Spende poco e in modo oculato: è la moglie che tutti vorrebbero. Soprattutto se c'è qualcun altro che la accompagna a fare shopping.

mercoledì 28 maggio 2014

Lettera a Grillo

Caro (neanche troppo) Beppe, mi sembra giusto dedicare anche a te un angolino del mio blog come ho fatto per il tuo amico Matteo. Spero ti sia arrivata la cassa di Maalox che ti ho spedito ieri. Sono sicura che ne farai buon uso.
Sinceramente, non mi sei mai stato simpatico. Forse un pochino, quando facevi ancora il comico, prima di iniziare a mandare tutti indistintamente a fare in culo. Ma già dal primo Vaffa Day hai iniziato a causarmi svariati attacchi di orticaria e di ulcera gastrica.
La realtà, Beppe, è che sei vecchio. O meglio, sei un vecchio che si crede giovane. La peggior specie. Tu e quell'altro squilibrato con il cappellino che ha profetizzato l'Apocalisse. Avete questa mania della "Rete", come se il web potesse risolvere tutti i mali del mondo. Qualunque cretino può dire la sua sul web, sotto mille alias diversi. Io ne sono la prova. Sto scrivendo cattiverie contro di te impunemente. Impunemente fino a che qualche tuo invasato più sociopatico degli altri non verrà a casa mia a riempirmi di botte.
Non ho niente contro la maggioranza dei tuoi elettori, per la carità. Al massimo sono loro che hanno qualcosa contro di me. Il fatto è che in mezzo ai tanti grillini armati delle migliori intenzioni e spinti dai più puri sentimenti, ci sono altri meno puri e pronti ad armarsi di spranghe per "venire a prendere tutti quelli che hanno votato per Renzi e per Forza Italia e ammazzarli tutti come gli ebrei". Ecco, sono questi soggetti che mi fanno paura. E sono questi soggetti che tu fomenti con le tue urla al vento e i tuoi cazziatoni a pioggia.
Ci sono tante cose che non mi piacciono di te. Ad esempio il fatto che cacci dal Movimento chiunque osi non essere pienamente d'accordo con te su ogni questione. O il fatto che devi sempre affibbiare a tutti nomignoli e soprannomi offensivi. Tu e quell'altro con il nome da formaggio mi sembrate dei barboni della stazione con quei capelli lunghi e disordinati, ma mica te lo vengo a dire. Ops, l'ho appena fatto. Pardon.
Mi dispiace solo una cosa, Beppe. Ancora una volta non hai capito un bel niente. Hai detto, senza urlare fortunatamente, che avete perso per colpa dei pensionati. Mentre i tuoi seguaci hanno stabilito che chi ha votato PD l'ha fatto perché si è venduto per 80 euro. Mi sento in dovere di smentirvi. Non mi vergogno di ammettere di aver votato per il PD. E, guarda caso, non sono né una pensionata né una delle fortunate persone che riceveranno questi benedetti 80 euro.
Ti dirò di più, caro il mio Grillo strillante. Conosco persone (non pensionate) che hanno sempre avuto idee ben lontane da quelle del PD ma questa volta hanno deciso di dare il loro voto a Renzi. E sai perché? Perché avevano paura che tu vincessi. Tu che dopo aver infilato qualche tuo scagnozzo in Parlamento non hai fatto altro che sbraitare e fare ostruzionismo. Tu che ti sei rifiutato di accordarti con chicchessia mettendo i bastoni tra le ruote a tutti. Tu che hai messo in Parlamento un manipolo di casinari che non ha portato alcun miglioramento alla nostra povera Italia. Forse è ora, caro Beppe, di farti un esamino di coscienza e pensare che forse questo risultato è solo colpa tua.
Senza affetto,
Una fan di Renzi

Ah, per la cronaca, in questo blog non decide la rete, quindi qualsiasi commento a me sgradito verrà eliminato senza pietà. Dopotutto voi grillini siete abituati a questo genere di "democrazia".

lunedì 19 maggio 2014

Le patatine di Rocco

Pensavo (e soprattutto speravo) che avessero archiviato per sempre quell'orribile pubblicità. Invece eccola di nuovo ad avvelenarmi il fegato. Più irritante dell'uomo Conad, più sessista di una partita di calcio.
Per chi non l'avesse ancora capito, mi riferisco alla pubblicità delle patatine in cui Rocco Siffredi gira tra dozzine di donne bellissime con un pacco di patatine in mano facendo allusioni sessuali non troppo velate.
Era un po' che Rocco non si faceva vedere. Pensavo che le femministe avessero minacciato di tranciargli i preziosi attributi se non l'avesse piantata con quella pubblicità. E invece no. E' di nuovo qui.
Non ho ancora deciso quale sia la cosa che mi dà più fastidio di quella pubblicità: il fatto che le donne vengano spudoratamente identificate con le loro parti intime, il fatto che le loro parti intime vengano paragonate a degli snack per bambini o il fatto che, per la proprietà transitiva, le donne vengano identificate con degli alimenti. Quello che è certo è che non vorrei mai essere al posto di una mamma con un figlio troppo sveglio che fa domande su quella pubblicità.
Caro Rocco, mi fa piacere che tu le abbia provate tutte. Anche se, volendo puntualizzare, è il tuo inquilino del piano di sotto ad averle provate. Viste le sue dimensioni si può praticamente considerare un essere dotato di vita propria. Potresti far parlare lui, già che ci sei.
Mi chiedo solo che fine hanno fatto le femministe indignate. Quelle che considerano Miss Italia la causa di tutti i mali. Quelle che sono pronte a strillare se in una pubblicità viene inquadrata una donna un po' più scoperta del necessario. Quelle che trovano deplorevole il fatto che delle giovani donne accettino di intrattenere gli ospiti di Berlu ad Arcore in cambio di una palata di soldi. Tutte queste femministe, dove sono adesso? Perchè lasciano che un pornodivo parli in questo modo del gentil sesso?
Forse sono io che sono paranoica, polemica e permalosa, ma trovo mille volte più offensivo essere paragonata a una patatina che vedere un centinaio di illuse sfilare a Miss Italia in cerca del trampolino di lancio per la fama e la gloria. Boicotterei quella marca di snack se non fosse che il mio cervello non ricorda quando è stata l'ultima volta che il mio stomaco gli ha ordinato di comprare delle patatine o dei pop corn. Non potendo boicottare, polemizzo. Attività che mi riesce sempre bene.

giovedì 15 maggio 2014

Jogging: una battaglia persa

Arriva un momento, quando il sole primaverile riesce a prevalere sull'inesorabile pioggia altrettanto primaverile, in cui anche tu decidi che è ora di fare un qualche tipo di attività fisica. C'è chi lo fa espressamente per prepararsi alla prova costume e chi vuole solo evitare di diventare gobbo come Leopardi e obeso come un adolescente americano. Qualunque sia la motivazione, il risultato non cambia.
E così, alla prima giornata di sole, riesumi le tue scarpe da corsa, rintracci le T-shirt seppellite sotto i maglioni di lana e recuperi i pantaloncini corti dai meandri dell'armadio. Ti leghi i capelli, ti tiri indietro la frangia e sei pronta per partire. Il tuo specchio, se potesse parlare, ti riderebbe in faccia chiedendoti "ma dove credi di andare?" Per fortuna, non può farlo e almeno questa umiliazione ti viene risparmiata.
Arrivata al parco arriva la prima batosta. Sono tutti decisamente più abbronzati di te. Mentre ti arrovelli il cervello per capire come abbiano fatto a diventare neri come Carlo Conti se nell'ultimo mese ha piovuto più a Torino che in Irlanda, inizi a correre. Correre è una parola grossa. Corricchiare. Agonizzare forse sarebbe più appropriato. E diventa decisamente appropriato quando ti rendi conto che sei già stata superata da almeno 5 over 60.
Quello che ti fa veramente venire il sangue marcio, però, sono le altre ragazze. La maggior parte di loro sembra uscita da una boutique. Mentre tu stai rantolando perchè hai già battuto il tuo record personale (10 minuti tondi tondi) loro se ne vanno correndo con passo regolare e respiro per nulla affannato. Convinta di avere le allucinazioni a causa dell'eccesso di acido lattico prodotto dai tuoi affaticati muscoli, ti rifiuti di credere che quegli inquietanti automi si siano davvero truccate per andare a fare jogging.
Un'ora dopo, rivedi la stessa ragazza. La sua andatura è la stessa di prima. I suoi capelli continuano a essere impeccabili. Il suo trucco non è minimamente sbavato. E lei non è per nulla sudata. Tu, intanto, hai deciso di rendere produttiva la tua sessione di jogging durata 10 minuti camminando per i successivi 50. I tuoi capelli assomigliano a un nido di rondini. La tua faccia è più rossa di un peperoncino calabrese. Stai sudando da tutti i pori, anche da quelli che non sapevi di avere. E complessivamente sembri uscita da un cassonetto. Nel frattempo, però, hai sfamato una decina di scoiattoli, sei stata abbordata da un paio di maniaci e hai rimorchiato almeno cinque vecchietti, troppo rimbambiti per rendersi conto del tuo stato pietoso.
A questo punto, puoi tornare a casa a riseppellire il tuo armamentario da corsa fino al prossimo senso di colpa. Quest'estate, male che vada, la prova costume cercherai di superarla puntando sulla simpatia.

martedì 13 maggio 2014

Vip minorati

Ero in preda a un blocco creativo, fino a quando la mia amica Benni mi ha fatto scoprire un angolo di Facebook a me totalmente sconosciuto. Dopo un primo momento di autismo da shock, ho brillantemente superato il blocco. Non potevo non condividere con i miei cari lettori questa perla.
Stiamo parlando di una pagina Fb con circa 3000 "mi piace" chiamata "Vip di torino". Sì, con la "t" minuscola. Già questo dovrebbe esservi d'aiuto nell'immaginare la levatura culturale della pagina in questione. A detta della mia amica, esistono pagine analoghe anche per altre città d'Italia. Perdonatemi, ma non ho avuto il coraggio di verificare. Ho deciso di fidarmi sulla parola. Ero già abbastanza perplessa così.
Lo scopo di questa pagina, se proprio vogliamo trovargliene uno, è quello di pubblicare foto di persone. Mi spiego meglio. Un soggetto interessato, invia la sua foto e il suo nome alla pagina e l'amministratore la pubblica. Rigorosamente con il commento "Quanti like per (nome del soggetto)? :)" E fin qui sarebbe una cosa quasi accettabile. Gioia e dolore di qualunque soggetto con un disturbo narcisistico di personalità, ma comunque accettabile.
Il problema, a mio parere (e anche a parere di chi mi ha segnalato questa pagina), è che l'età media dei soggetti in questione si assesta attorno ai 13 anni. No, non sto scherzando. Tanto per cominciare vorrei sapere per quale motivo questi bimbiminkia si arrogano il diritto di farsi chiamare "Vip". Secondariamente, vorrei capire perchè dei ragazzini di 12-13 anni sentono il bisogno di far pubblicare le loro foto su Fb per ricevere dei "like". Dio, quanto odio la parola "like".
Ciò che rende inquietante questa pagina, però, sono i contenuti delle foto. Non dovete pensare che ci siano dei normali ragazzini che cercano popolarità condividendo con gli internauti le loro foto migliori. E' molto peggio di così. C'è Alessia, dell'apparente età di 14 anni (anagraficamente ne ha probabilmente meno), che indossa un abitino striminzito cosparso di paillettes più adatto a una coniglietta di Playboy che a un'adolescente. Poi c'è Giuseppe, 6 anni per gamba, che con sguardo di sfida fuma una sigaretta con la mano sinistra mentre nella destra tiene un cartello "Vietato fumare". E come dimenticare Alice, 13 anni a essere generosi, che si mostra al mondo in mutande e canottiera con un'espressione degna delle peggiori fashion blogger?
Quello che mi chiedo è: ma perchè? Perchè questi ragazzini hanno bisogno di cercare conferme in questo modo? Perchè c'è qualcuno che li asseconda tenendo in piedi questa pagina degli orrori? E soprattutto, perchè a nessuno è ancora venuto in mente di chiudere questo scempio?

martedì 6 maggio 2014

Ultras incarogniti

Ho già dimostrato in un post precedente di capire poco o nulla di calcio. Ammetto le mie colpe e i miei limiti di donna totalmente estranea a questo e ad altri sport. Il fatto che io non mi intenda di calcio, però, non fa di me una persona incapace di capire la differenza tra un tifoso e un animale.
Quello che è certo è che, tifosi o ultras che essi siano, questi soggetti dalla spranga facile non hanno alcun diritto di attaccare rissa ovunque seminando violenza e distruzione. Così come non sono autorizzati a lanciare fumogeni o a spingere motorini giù dalle gradinate. Che poi, come ci era arrivato quel benedetto motorino dentro lo stadio? Mistero.
Per risolvere l'annoso problema dei "tifosi" che si menano impunemente, io vorrei avanzare una proposta. Organizziamo un "Campionato del Tifoso". Apriamo gli stadi e ci mettiamo dentro gli ultras più agguerriti. Vietate le armi da fuoco, per il resto tutto è lecito. Che si prendano a sprangate, a calci, a pugni, a coltellate.
Si, fa molto lotta tra i gladiatori dei giorni nostri, ma dopotutto i Romani hanno costruito un impero su "panem et circenses". Forse qualcosa potremmo imparare da loro. Magari a qualcuno di questi animali passerà un po' la voglia di far andare le mani.
Spero che Genny 'a carogna mi dia il permesso di pubblicare questo post. Pare che sia lui a decidere cosa si può o non si può fare. Probabilmente anche il Papa gli chiede il permesso prima di cominciare la Messa. Non si muove una foglia che la carogna non voglia.
Ma poi, che razza di nome è "Genny 'a carogna"? Caro Genny, ti rendi conto che è ridicolo? Te l'hanno mai detto che "Genny" è un nome da femmina? Non importa se ci metti "carogna" vicino. Rimane comunque un nome da femmina. Inquietante, ma da femmina.
Un soggetto come te, cara la mia carogna, andrebbe messo in galera buttando via la chiave della cella per non correre il rischio di tirartici fuori per sbaglio. E invece, non solo non ti mettono in galera, ma ti lasciano anche decidere se una partita possa o meno incominciare. Ma per favore. Solo in Italia persone del genere se ne vanno in giro a piantare grane invece di marcire in galera insieme ai loro degni compari. Altro che "Ultras liberi" e "Speziale libero", un bel biglietto di sola andata per Regina Coeli. Quando ci decideremo a mettere i delinquenti in galera sarà sempre troppo tardi.

martedì 22 aprile 2014

Carne fresca

Nella giornata di Pasqua, una mamma inglese ha deciso di portare i suoi due figli a fare una gita allo zoo, anzi al safari park. Una bella idea per passare una giornata di festa tutti insieme. Una bella idea che ha rischiato di trasformarsi in tragedia.
Il caso ha voluto che la macchina si rompesse e il motore prendesse fuoco. Ovviamente, non essendoci mai limite al peggio, dove ha preso fuoco la macchina? Nel recinto dei leoni. Se tutto questo fosse successo nel recinto delle scimmie, al massimo gli occupanti della macchina avrebbero rischiato di subire qualche marachella dei nostri lontani cugini. Nel recinto degli erbivori, invece, al massimo avrebbero rischiato di calpestare qualche escremento. E invece eccoli lì a rischiare la vita tra una macchina in fiamme e un branco di leoni che si stavano già leccando i baffi.
La donna ha prontamente suonato il clacson per attirare l'attenzione degli addetti al parco. Però, vedendo le fiamme uscire dal cofano della macchina, la nostra sfortunata eroina ha preferito scendere dal veicolo. Mossa ragionevole se ti trovi su una strada statale, prova di coraggio se sei accerchiato da quattro o cinque leoni. Gli operatori del parco le hanno vivamente consigliato di rimanere in auto, ma come biasimarla? Chi rimarrebbe con i propri figli su un'auto infuocata?
In tutto ciò, i leoni si sono mostrati molto interessati alla vicenda. Secondo me, erano più interessati alla carne umana fresca che a come sarebbe andata a finire questa faccenda della vettura in fiamme. Probabilmente si stavano già spartendo le porzioni. A quanto pare la gioia di una possibile battuta di caccia ha prevalso sulla paura del fuoco che caratterizza tutte le bestie feroci (uomo incluso). Lo trovo comprensibile. In natura i leoni non si cibano di carcasse pre-cacciate. Per loro sono l'equivalente dei nostri cibi pre-cotti: buoni in caso di necessità, ma nessuno ama mangiarli ogni santo giorno. Ricevere le gazzelle a domicilio va bene quando sei di fretta e hai cinque cuccioli da sfamare, ma nulla appaga come il cibo cacciato con le proprie zampe.
Comunque, tutto è bene quel che finisce bene. Il fuoco è stato spento e la famigliola è stata tratta in salvo. Nessuno è rimasto ferito. A parte i leoni, ovviamente. Loro già si stavano pregustando un delizioso pranzetto appena cacciato e se lo sono visto portare via. Sono delusioni da cui non ci si riprende facilmente.

giovedì 3 aprile 2014

Malati senza medici

È caldo in questi giorni il tema dei contratti per la formazione specialistica dei giovani medici.
Riassumo per i non addetti ai lavori. Nonostante i posti nelle facoltà di Medicina non abbiano fatto altro che aumentare negli ultimi 5 anni, i posti nelle Scuole di Specializzazione sono diminuiti inesorabilmente. Perché? Semplice. Gli specializzandi, in quanto medici laureati e abilitati, devono essere pagati. In tempi di crisi, si sa, i primi tagli si fanno all'istruzione e alla sanità. Nessuna speranza, quindi, per i poveri specializzandi che si trovano in questo limbo a metà strada tra il MIUR e il Ministero della Sanità.
E così i giovani medici e gli studenti di Medicina stanno cercando di farsi sentire. Oltre a qualche pacifica manifestazione, si è anche tentata la strada della petizione. Una petizione firmata da studenti, laureati, specializzandi e professori. Una cosa seria insomma.
Sinceramente, ho molti dubbi sul fatto che verremo ascoltati. Renzi è tutto impegnato a cercare di scollare gli onorevoli deretani dei Senatori dalle comode poltrone del Senato. La petizione di qualche migliaio di ragazzi non è cosa altrettanto prioritaria.
Il problema, cari miei lettori non-medici, è che quelli che dovrebbero preoccuparsi siete voi. Ora vi spiego perché.
Nei prossimi tre-quattro anni, questo sistema disastroso sfornerà circa 27mila medici disoccupati. Nel frattempo, circa 50mila medici specializzati e super esperti se ne andranno felicemente in pensione. I medici disoccupati se ne andranno allegramente all'estero alla ricerca di ciò che qui è stato loro negato: un lavoro.
Per quanto possa essere frustrante dover fare su baracca e burattini per cercare fortuna altrove, noi ci arrangeremo. Ma voi, voi che siete i nostri eventuali pazienti, cosa farete? Cosa farete quando non ci saranno abbastanza pediatri per i vostri bambini? Dove sbatterete la testa quando non ci saranno abbastanza chirurghi per operarvi di ernia e di appendicite? Chi vi salverà la vita se non ci saranno abbastanza medici in grado di riconoscere un infarto o un ictus?
Io posso anche adeguarmi e inventarmi un nuovo lavoro, ma voi non potrete andare da un meccanico a farvi aggiustare un braccio rotto o da un idraulico a farvi sturare una coronaria intasato. Forse è ora che iniziate a preoccuparvi.

giovedì 27 marzo 2014

Stragi animali

I danesi hanno colpito ancora. Dopo aver brutalmente ucciso e squartato un cucciolo di giraffa trasformandolo in cibo per i leoni, si sono arrogati il diritto di far sparire dalla faccia della Terra non uno ma ben quattro leoni.
Il giraffino Marius meritava di morire perché figlio di un incesto. Pare che l'incesto sia vietato negli zoo. Ovviamente è più semplice uccidere una giraffa innocente piuttosto che separare due consanguinei prima che copulino nel (vano) tentativo di portare avanti la specie.
I quattro leoni, invece, sono stati condannati a morte perché "inadatti a sopravvivere all'arrivo di un nuovo leone". Due di loro erano anziani e a quanto pare inservibili per la riproduzione, mentre gli altri due erano cuccioli non abbastanza cresciuti da poter sopravvivere da soli. Tutto questo perché tra pochi giorni un bel maschione verrà presentato alle due leonesse in età riproduttiva che lo zoo ha acquistato nel 2012. Spero con tutto il cuore che quel leone sia impotente. O gay. Anzi, meglio di no, se no ci lascia le penne pure lui.
Il capo dello zoo, al quale auguro di bruciare tra le fiamme dell'Inferno per l'eternità, anche questa volta non ha esitato nel trovare una motivazione allo sterminio di esseri innocenti. "Non c'era posto per loro in nessun altro zoo." Ah no? Beh, la prossima volta chiamami, me li porto a casa io. Brutto idiota, non bastava mettere i cuccioli e i leoni anziani in una gabbia separata in modo che il nuovo arrivato non commettesse una strage? A quanto pare anche in questo caso è stato più facile uccidere che pensare a una soluzione alternativa.
La cosa assurda è che gli zoo motivano la loro esistenza dicendo di contribuire a portare avanti le specie in via di estinzione. Molto bene. Sterminare gli animali che non sono di tuo gradimento non mi sembra un buon punto di partenza.
Se gli animali si stanno estinguendo è solo ed esclusivamente colpa nostra. E adesso facciamo finta di rimediare confinando delle povere bestie in gabbia e inventandoci regole assurde che ci portano solo a ulteriori massacri. Forse sarebbe ora di smettere di giocare a fare Dio.

martedì 25 marzo 2014

Mode a catena

C'era una volta la catena di Sant'Antonio, da fare rigorosamente per lettera. Poi ci siamo informatizzati e le catene si sono propagate virulente nelle caselle di posta elettronica. Email minatorie che auguravano le peggiori sciagure a chiunque avesse osato anche solo pensare di interrompere la catena. Racconti interminabili di persone che avevano trovato la soluzione ai loro insormontabili problemi semplicemente inviando ad amici, parenti e conoscenti la miracolosa lettera elettronica.
Poi la tecnologia si è evoluta. E il cervello umano si è inesorabilmente involuto. Così le mode sono cambiate. Di certo non in meglio.
Con l'avvento di smartphone sempre più intelligenti, la gente ha sentito il bisogno di abbassare la propria intelligenza per non far sfigurare gli aggeggi tecnologici che teneva in mano. Ed ecco che sono nate le due mode del momento.
Non mi dilungo sull'idiozia dello sfidare dei malcapitati amici a bere quantità impensabili di alcool. Mi basta dire che all'estero sono morti dei ragazzini. E in Italia non ci siamo andati tanto lontano.
La ancora più nuova e, se possibile, ancora più stupida moda del web, però, è il "sellotape selfie". Il nome deriva dalla marca di nastro adesivo più famosa del Regno Unito, la sellotape per l'appunto, e dalla parola inglese che indica le foto fatte a se stessi. Da questa mia spiegazione si deduce che l'ingrediente principale sia lo scotch. Ma usato come? Se non siete già seduti, sedetevi perché potreste non reggere il colpo.
Lo scopo del "gioco" è avvolgere la propria faccia con il nastro adesivo fino a ottenere espressioni mostruose. A quel punto un bel selfie e via su Facebook! Ovviamente il lavoro non è completo se non si nominano degli altri idioti affinché compiano la stessa epica idiozia. Vediamo quanto tempo dovrà passare prima che qualche decerebrato si soffochi con il nastro adesivo.
È proprio vero che la madre dei cretini è sempre incinta. E che certa gente è più stupida del proprio cellulare.

lunedì 17 marzo 2014

Lettera a Matteo Renzi

Caro Matteo,
mi permetto di darti del tu perchè sei giovane e tra giovani si fa così.
Mentirei se ti dicessi che mi sei sempre piaciuto o se ti dicessi che ho apprezzato il modo in cui sei arrivato a capo del Governo. Diciamo che non sono ancora riuscita a decidere se meriti la mia fiducia o no.
Ti ho sentito parlare più di una volta in televisione. Ti ho sentito promettere la rottamazione quando eri in corsa per le primarie e ti ho sentito promettere un'Italia migliore adesso che sei al Governo. Per lo meno non ti ho sentito dire che gli italiani devono stare sereni e questo mi ha rincuorato: forse non vuoi mettercelo in quel posto come hai fatto con il povero Letta.
Devo ammettere che le cose che dici e prometti esercitano su di me una forte attrazione. Tagliare gli sprechi, contrastare il "magna-magna" generalizzato nella pubblica amministrazione, eliminare il Senato. Wow. Sarebbe una bella rivoluzione per il nostro Paese stremato. Già, una rivoluzione. Sai qual è il problema, Matteo? Il problema è che io nelle rivoluzioni non ci credo più. E' brutto essere disillusi a 23 anni. Però questo è il risultato della politica degli ultimi 20 anni, tra promesse non mantenute e soldi sprecati.
L'altra sera ti ho visto a "Porta a porta". Ti ho ascoltato mentre giuravi e spergiuravi che avresti pagato i debiti che lo Stato ha nei confronti delle aziende. Debiti di cui non sapete ancora l'ammontare preciso. Hai detto più di una volta "se non lo faccio sono un buffone". Sai, in certi momenti mi ricordi quegli imbonitori da televendita. Il carisma non ti manca, questo è certo. Credo che tu sia più carismatico anche di Berlu. La domanda è: sarai un Berlu 2.0 o manterrai davvero le mille e una promessa che ti ho sentito fare?
Mentre ti ascoltavo, una parte di me voleva crederti. Ma c'era qualcosa dentro di me che frenava la mia fiducia nei tuoi confronti. E poi ho capito. Il problema non sei tu. Sono sicura che se tu potessi fare leggi e riforme a tuo piacimento rispetteresti davvero le promesse che ci stai facendo. Il problema sono quelli che devono votare e approvare le tue decisioni. Dopotutto sono gli stessi che ci hanno fatto arrivare a questo punto. Perchè dovrebbero cambiare proprio adesso?
Ti auguro di essere abbastanza carismatico da convincere quel branco di ladri che stanno in Parlamento ad appoggiarti. Anche se non so come farai a convincerli ad abolire il Senato. Sarebbe come convincere i bambini ad abolire le caramelle. Mi auguro che tu abbia imparato le tecniche base dell'ipnosi. Giusto quello ti può salvare da un fallimento inevitabile.
Io ho deciso di fidarmi. Tu cerca di non deludermi.

                                                                                                              Una giovane italiana disillusa

mercoledì 12 marzo 2014

Quote rosa

Da femmina femminista vi dico che mi avete davvero stancata. Voi e le vostre quote rosa. Mettetevele su per il naso (oggi mi sento educata). Ammetto di non aver seguito tutta la vicenda, quindi non mi è ben chiaro quali schieramenti politici vogliano le quote rosa e quali non le vogliano. Questo pone il mio pensiero totalmente libero da ideologie politiche di sorta.
Forse a qualcuno (e a qualcuna) sfugge quale sia la fregatura delle quote rosa. Il problema, cari miei, è che non me ne frega niente di avere mezzo Parlamento estrogenizzato se tre quarti delle donne elette hanno il cervello di una gallina decapitata. Con questo non voglio dire che tutte le donne in Parlamento siano delle idiote incapaci, per la carità. Dico solo che se obblighiamo i partiti a prendersi un quantitativo minimo di esponenti del gentil sesso è possibile che, pur di raggiungere la soglia, vengano prese delle donne non sufficientemente capaci.
Ragioniamoci. Supponiamo che io voglia presentarmi alle elezioni con una mia lista e che mi servano 10 donne per essere "in regola". Supponiamo anche che si presentino a me solo 5 donzelle meritevoli di partecipare al governo del Paese. Perchè dovrei prenderne altre 5 pur essendo consapevole della loro inadeguatezza? E' davvero meglio avere 5 donne incapaci piuttosto che 5 uomini validi? Il mio femminismo non arriva a questi livelli. Mi dispiace.
Già che ci siamo, ne approfitto per aggiungere una cosa che mi sta proprio qui sullo stomaco. Ogni volta che in Italia si insedia un nuovo Governo (cioè più o meno tre volte l'anno), i giornalisti si sentono in dovere di darci delle informazioni sui nuovi ministri. E fin qui va tutto bene. Sono le informazioni che vengono date che mi danno sui nervi. "Sedici ministri e otto sono donne!" Fammi capire. Perchè "otto sono donne" e non "otto sono uomini"? E soprattutto, perchè sottolineare la presenza delle donne? Non siamo persone come gli uomini? Veniamo da un altro pianeta? Abbiamo dei superpoteri? Siamo delle menomate mentali?
Se davvero in questo Paese ci fosse la parità dei sessi non sarebbe necessario sottolineare il numero delle donne che ricoprono delle alte cariche. E non venitemi a dire che non è discriminazione perchè potrei mangiarvi vivi. Se non è discriminazione, spiegatemi perchè non mi fate una suddivisione "biondi vs bruni" o "scapoli vs ammogliati" o "occhi chiari vs occhi scuri". Se non fosse discriminazione, una categoria varrebbe l'altra. No? E invece pare che l'unica distinzione che conta sia "uomini vs donne".
Chissà perchè non si distingue mai in "bianchi vs neri" o in "eterosessuali vs omosessuali". Ah no, scusate. Per un attimo mi sono dimenticata di essere in Italia. Ai neri vengono lanciate le banane e i gay è meglio se non li facciamo arrivare troppo in alto, poi magari si montano la testa e credono di essere persone come le altre.

lunedì 10 marzo 2014

I soliti ignoti

A volte, mi piace passare un'ora del mio prezioso tempo guardando l'Eredità. Presentatore simpatico, domande curiose, concorrenti preparati. Più o meno.
Recentemente il buon Conti ha apportato alcune modifiche al gioco. In particolare, il primo gioco adesso consiste nei cosiddetti "abbinamenti". Riassumo le regole per i meno informati. Il concorrente ha un minuto di tempo per completare 20 abbinamenti che possono essere di varia natura, tra cui coniugare i verbi e sapere le tabelline. E qui casca l'asino. Anzi, ne cascano decine.
Capisco che per partecipare a un quiz televisivo non sia necessario essere candidati al Premio Nobel, però non puoi neanche essere analfabeta. Capisco anche che ogni tanto ai casting qualche ignorantello lo facciano passare per fare un po' di scena. Però a tutto c'è un limite. Ci sono cose che ogni persona in possesso di una licenza elementare dovrebbe sapere.
Ovviamente, per motivi di spettacolo, i concorrenti vengono quasi sempre colpiti sul loro punto debole. Capita spesso che alle donne venga chiesto di abbinare il calciatore al suo ruolo. Qualcuna ce la fa anche, chapeau. Il problema è che, a mio parere, nessuno dovrebbe essere in difficoltà con le tabelline o con l'italiano.
Quando Conti pronuncia la parola "tabelline", il concorrente, di solito, sbianca. E quando inizia a rispondere, sbianco io. "7x8?" "42." Bravo, continua così. La maestra che ti ha promosso all'esame di quinta elementare si è appena impiccata. E non venirmi a dire che non sei portato per la matematica. Le tabelline vanno studiate. A memoria. Non c'è scusa che tenga.
Quello che ne esce peggio da questo gioco al massacro, però, è sempre il nostro povero italiano. Voglio essere indulgente e accettare gli errori nei superlativi assoluti. In fin dei conti credo che nessuno abbia mai usato il superlativo assoluto di "funereo", di "mellifluo" o di "benevolo". E voglio anche perdonare l'incapacità dell'italiano medio di discriminare un aggettivo da un avverbio. Quello che non perdono è la totale ignoranza dei modi e dei tempi verbali. I soliti ignoti: congiuntivo, passato remoto e participio passato.
La cosa inquietante è che alcuni non sanno proprio di cosa si stia parlando. "Allora, io ti dico il verbo e tu mi dici il participio passato, ok?" "Va bene." "Parlare?" "Parlai." No, tesoro. Quello è il passato remoto. Ti è chiara la differenza o ti rimandiamo in prima elementare per capirla meglio? Poi ovviamente ci sono quelli che hanno capito di che modo e tempo verbale si stia parlando ma non sanno assolutamente coniugare i verbi. Congiuntivo di sentire? Che io senti. Passato remoto di cuocere? Cuocei. Participio passato di rendere? Renduto. Complimenti vivissimi agli insegnati di italiano che ti hanno portato ad avere questa conoscenza così raffinata della tua lingua madre. Vorrei proprio conoscerli.
Fatemi un favore: prima di candidarvi per un quiz televisivo, fatevi un esame di coscienza. Se non sapete le tabelline e non conoscete la differenza tra participio passato e passato remoto, lasciate perdere. Al Grande Fratello potreste avere successo, però.

lunedì 3 marzo 2014

E' nato prima l'uomo o la prostituta?

Ci risiamo. Due baby-prostitute (14 e 15 anni) che hanno avuto la brillante idea di fare affari vendendo il proprio corpo. Hanno preso spunto dalle esimie colleghe di Roma. Per fortuna un aspirante cliente di trent'anni ha pensato bene di segnalarle alla polizia. Puttaniere si, pedofilo no.
Questa volte le ragazzine sono state più scaltre delle loro muse ispiratrici: niente mamme-maitresse che pretendessero una percentuale. Due libere professioniste del sesso. Chapeau. L'unica pecca i prezzi eccessivamente modici. Va bene che il loro obiettivo era solo potersi permettere qualche ingresso in più in discoteca e qualche vestito nuovo nell'armadio, però con prezzi così è concorrenza sleale.
Battute a parte, questa vicenda mi ha portato a fare qualche riflessione. E' inutile che ci scandalizziamo. Le ragazze e le donne un po' più "libertine" (per usare un eufemismo) ci sono sempre state. Qualcuna si fa pagare da uomini più vecchi, qualcuna si limita a regalare un po' di felicità ai coetanei. Quello che sconvolge, in questo caso, è che si tratta di ragazzine. L'altro ieri giocavano con le Barbie e oggi si fanno sbattere da persone che hanno l'età dei loro genitori. Genitori che, a quanto pare, erano all'oscuro di tutto.
Il problema di fondo, secondo me, non è che queste due incoscienti si siano date alla prostituzione. Certo, non è il massimo della moralità. Il problema sono gli uomini che ci sono andati. Di tutti i clienti che hanno adescato su internet, solo uno è inorridito all'idea di farsi una ragazzina che poteva essere sua sorella o, addirittura, sua figlia. Tutti gli altri non hanno battuto ciglio. Vorrei conoscere questi uomini e capire quale sia la loro tara mentale. Passi il sesso a pagamento, ma non con le minorenni. La mia apertura mentale ha un limite.
Il punto è che se ci sono donne che si prostituiscono è perchè ci sono uomini che sono disposti a pagarle. Si dice sempre che il mestiere della prostituta è il mestiere più antico del mondo. Beh, anche quello del puttaniere, allora. Nel sesso, come in ogni altra cosa, vige la legge della domanda e dell'offerta. Se non ci fosse un singolo uomo disposto a pagare per un po' di sesso, allora le prostitute smetterebbero di esistere. E' nato prima l'uovo o la gallina? E' nato prima l'uomo o la prostituta? Domande destinate a rimanere senza risposta.

lunedì 24 febbraio 2014

Arte da cassonetto

Voglio esprimere tutta la mia solidarietà alla povera donna delle pulizie che ha mandato al macero 10.000 euro in opere d'arte. Per chi non conoscesse la storia, la riassumo brevemente.
La nostra protagonista, che chiameremo Anna, è una umile donna delle pulizie di un museo di Bari in cui è in allestimento una mostra di arte contemporanea. La cara Anna, donna poco istruita e poco avvezza alle opere d'arte, entra nelle sale del museo e inizia a fare il suo lavoro. Raccoglie uno scatolone con delle lattine di birra. Spazza via un biscotto sbriciolato. Getta nel sacco nero una manciata di fondi di caffè. Ripulisce la sala da cartacce e cartoni accartocciati. Soddisfatta e probabilmente allibita dal porcile lasciato dagli allestitori della mostra, se ne torna a casa dopo il duro e ingrato lavoro. Vi lascio immaginare la sorpresa degli allestitori quando, qualche ora dopo, si sono accorti che le "installazioni" (almeno hanno il buon gusto di non chiamarle "opere d'arte") di alcuni artisti erano finite nel cassonetto e partite per la discarica. Diecimila euro letteralmente buttati via.
La povera Anna è stata giustificata sottolineando il fatto che "non è mai andata a vedere un museo". Ora, non vorrei sembrare una buzzurra ignorante, ma credo che la signora Anna non avrebbe mai gettato nel cassonetto la Gioconda o la Vergine delle Rocce. Personalmente, di mostre e musei ne ho visti parecchi, ma in questo caso avrei faticato anche io a distinguere tra arte e spazzatura.
Non è bello ciò che è bello, ma è bello ciò che piace. E' vero. Però, come ha detto qualcuno, se l'arte viene scambiata per immondizia forse di immondizia effettivamente si tratta. Certo, magari quei biscotti rotti per terra rappresentavano la fragilità dell'esistenza o che diavolo ne so. Con tutti i biscotti che ho fatto cadere a terra in 23 anni di vita a quest'ora potrei essere miliardaria.
Detto fra noi, io non ho un buon rapporto con l'arte moderna. L'ho presa in odio quando mi sono ritrovata davanti un cavallo imbalsamato appeso al soffitto. Mi vengono i brividi ancora adesso al solo pensiero. Non che prima di questo trauma ne andassi matta. Ricordo perfettamente due installazioni: una catena di cerchietti per capelli tenuti insieme dal nastro isolante e una pila di sedie di plastica bianche. Arte pura. Se mi concedete il cliché, mi permetto di dire "questo lo potevo fare anche io".
Diciamoci la verità: l'arte moderna io non la capisco. Ammetto le mie colpe e la mia inferiorità culturale. Portate pazienza, quando vedo uno scatolone accartocciato penso che sia spazzatura. Se penso a un'opera d'arte mi viene in mente un quadro impressionista, una scultura neoclassica, un dipinto cinquecentesco. Non mi viene in mente un bicchiere sporco di caffè o un cavallo appeso a un soffitto. E' un limite mentale? Forse. Ho torto? Credo di no. Ognuno ha il suo concetto di arte. Diciamo che il mio è un concetto un po' più convenzionale. E diciamo anche che se mi metto a impilare delle sedie di plastica nessuno mi offre duemila euro per avere la mia creazione. Forse è questo che mi fa sfrigolare i neuroni. Perchè se l'artista Pinco Pallino butta un biscotto per terra è arte e se io faccio cadere la marmellata sul tappeto è un pasticcio irreparabile? Per non parlare di quando mi cade di mano la scatola degli spaghetti e mi tocca giocare a Shanghai sul pavimento della cucina. Perfetta rappresentazione della frustrazione umana.

lunedì 17 febbraio 2014

Troy, il supercane

Mi chiamo Troy e sono un cane. Anzi, un supercane. Questa è la mia storia.
Fino a poco tempo fa ero solo un dobermann come tanti. La mia specialità era vincere concorsi di bellezza. Pensate, sono arrivato primo a New York e undicesimo in tutti gli Stati Uniti. Che poi neanche mi piace andare a quei concorsi. Io preferirei stare a casa accoccolato sui piedi della mia padrona, ma so che lei è felice quando vinco e per me la sua felicità è più importante della mia.
Un giorno, però, avvicinandomi alla mia padrona Diane, ho notato qualcosa di strano. C'era un odore diverso dal solito. Non era uno di quei cosi puzzolenti che voi umani chiamate profumi. Era molto peggio. Noi cani non abbiamo un nome per quella cosa, ma mi pare che i dottori degli umani lo chiamino cancro. Noi cani spesso riusciamo a sentire la puzza schifosa che emana quella brutta malattia. Purtroppo voi uomini non la sentite.
Ero molto preoccupato per Diane. Come avrei fatto senza di lei? Un padrone può avere tanti cani, ma un cane ha solo un padrone. E il mio padrone è Diane. Voi umani siete tanto intelligenti, ma a volte siete estremamente tonti e non capite quello che cerchiamo di dirvi. Così, sapendo quanto sarebbe stato difficile farmi capire, ho iniziato a mandare dei segnali alla mia padrona. Ho iniziato a strusciarmi e strofinarmi contro il suo fianco sinistro. Lei si è insospettita, ma non ha capito. Come dicevo, a volte siete proprio tonti.
Alla fine, sono diventato così fastidioso che Diane ha iniziato a grattarsi e così ha trovato il nodulo maledetto. Un po' preoccupata, si è finalmente decisa ad andare a fare una mammografia. I medici le hanno trovato e tolto il brutto male e sono stati così bravi che le hanno consentito di tenermi con sé durante le terapie. Adesso la mia adorata Diane è guarita e possiamo di nuovo passare del tempo insieme e prepararci per altri concorsi. Io nel frattempo sono diventato famoso. Sono diventato un supercane, un po' come quelli che trovano gli umani sotto le valanghe. Quello che gli umani non sanno, è che io non ho fatto niente di speciale. Ho solo fatto il mio dovere: salvare la vita alla persona che amo di più al mondo. E' una cosa che molti umani fanno fatica a capire, ma per noi cani è la normalità.
Ho sentito dire che i dottori degli umani si sono subito interessati a questi nostri superpoteri. Io spero che non maltrattino dei poveri cani nella speranza di addestrarli a trovare il cancro come fanno i cani poliziotto con la droga. Salvare la vita agli umani è il nostro dovere, ma solo se gli umani se lo meritano.

mercoledì 12 febbraio 2014

Decerebrati nelle pubblicità

Voglio fare un appello. Liberiamo quella povera donna. Mi riferisco alla moglie del tizio della Conad. Quella pubblicità mi fa venire l'ulcera. E di sicuro non mi fa venire voglia di andare a comprare nei loro supermercati.
Questa poverina sta con uno più fulminato di una lampadina. Facciamo una colletta e paghiamole un buon avvocato divorzista. Suo marito sta peggiorando, è evidente. Prima si limitava a dare di matto durante la notte. Una volta ti svegli per controllare la freschezza. E va bene. In realtà non va per niente bene, ma facciamo finta di sì. Poi ti svegli perchè c'è un problema. Ma non nella coppia, eh. Tra la gente. Ora, sono le due di notte, proprio adesso devi andare ad abbassare i prezzi del tuo maledetto supermercato? Non puoi aspettare le 7 di domani mattina? Adesso non c'è nessuno che va a fare la spesa, quindi dormi e non scassare le palle a tutta la famiglia. E invece quella povera donna di sua moglie cosa fa? Lo asseconda. Come si fa con i matti. Il fatto che non gli abbia ancora spaccato sulla testa la pentola a pressione la fa candidare alla santità.
Adesso, però, il tizio è peggiorato. Lei gli chiede se gli va bene mangiare la carne e lui? Lui, più fatto di Bob Marley, la guarda con aria sognante e le risponde "si, ma la nostra". Ma la nostra di chi? Guarda che non hai una fattoria. Hai un supermercato. Le mucche non nascono sotto forma di hamburger nel bancofrigo. Qualcuno te lo deve dire un giorno o l'altro. E vogliamo parlare di quando gira per casa come un deficiente e tira fuori dalla dispensa tutti i prodotti essenziali? Qualcuno lo deve fermare.
Ormai, comunque, siamo abituati ai decerebrati nelle pubblicità. Ve la ricordate Adriana? Quella della Tim. Quella strafiga. Quella che si è fatta inseguire per un anno da quell'altro idiota che le sbavava dietro. Inizialmente, pensavo che fosse lei quella astuta dei due. E' riuscita a farsi inseguire per tutto il pianeta prima di dargliela. Chapeau! Poche altre riuscirebbero nell'impresa. E poi l'hanno fatta parlare. Mi hanno distrutto un mito. Se ne andava in giro per casa contando le cose di quattro in quattro. "Quatro paperele, quatro gatini" Passi la pronuncia scadente, ma il contenuto non era propriamente degno di chissà quale mente eccelsa. A quanto pare il tizio non la inseguiva per poter discutere dei massimi sistemi.

lunedì 10 febbraio 2014

Tecniche anti-stupro

La violenza sulle donne è un tema sempre più caldo. E più andiamo avanti più le cose sembrano peggiorare. Arrestato uno stupratore ne spuntano fuori altri cinque. Sembra più facile svuotare il mare con un cucchiaino. Ma ecco che dal lontano oriente arriva l'invenzione che salverà tutte le donne indifese.
Questo prodotto arriva dalla Thailandia e si tratta di, indovinate un po', un paio di mutande. I più antiquati di voi si staranno immaginando una moderna cintura di castità e sono pronti a farsene recapitare uno stock per le loro ragazze. Mi dispiace, ma non si tratta di una cintura di castità. Si tratta di un paio di mutande con incorporato un pene finto. Si, avete capito benissimo. Mutande ripiene. Slip farciti alla salsiccia.
Ora, anche se mi sembra evidente, voglio chiarirvi come dovrebbe funzionare questo miracoloso anti-stupro. Immaginiamo una ragazza molto attraente e molto alla moda che se ne va in giro con dei leggins belli attillati. E immaginiamo che dietro di lei ci sia un potenziale stupratore attratto dal suo femminilissimo posteriore sculettante a destra e a manca. Il manigoldo si avvicina, la fa voltare e..surprise! Un bel pacco rigonfio! Ta-daa! A questo punto, se la ragazza ha sangue freddo e buoni riflessi, può anche lanciarsi in un "Ciao tesoro" sussurrato con una voce sexy e profonda alla Ligabue. Se lo stupratore a questo punto non se l'è ancora data a gambe è perchè è svenuto. In entrambi i casi lo stupro è stato sventato.
Diciamo che, per quanto balzana, è un'idea con del potenziale. A meno che l'aspirante violentatore non sia uno a cui piacciono i travestiti. In quel caso si potrebbe comunque giocare sull'effetto sorpresa: un bel calcio nei gioielli di famiglia sfruttando il momento di perplessità di fronte al finto salsicciotto. Sicuramente, però, questo piano B richiede una maggiore prontezza d'animo e ha una minore riuscita.
Resta comunque il problema che con questo "coso" sul davanti si azzerano le possibilità di baccaglio. Come lo spieghi al ragazzo carino che ti sta guardando da mezz'ora che hai un pene finto per non essere stuprata? E poi, quale ragazzo accetterebbe che la sua ragazza si travesta da travestito? Mi sembra che questo gingillo abbia più controindicazioni che vantaggi. Per allontanare una manciata di possibili stupratori ti bruci le possibilità di relazione con tre quarti del genere umano. E l'altro quarto rimarrebbe miseramente deluso nello scoprire che non sei un vero travestito.
Quello che mi lascia perplessa è il messaggio che questa genialata lascia trapelare. A quanto pare, l'unico modo che le donne hanno per vivere tranquille è fingersi degli uomini. Precisamente dei travestiti. Non mi sembra una cosa molto giusta. Davvero l'unico modo per fermare gli stupri è nascondere le donne sotto delle mutande farcite? Io mi auguro di no.

mercoledì 22 gennaio 2014

Donne vs calcio

Vi giuro che ci ho provato. Mi sono impegnata a fondo per capire il calcio e il fascino che esso esercita sui nostri uomini, ma dopo svariati tentativi ci ho rinunciato. Questa non è altro che la cronaca di una partita persa in partenza.
La donna media apprezza il calcio quanto l'uomo medio apprezza che gli vengano pestati i piedi con un tacco a spillo. E io non faccio eccezione alla regola. In realtà mi sono sempre sentita un genio per aver capito cosa sia il fuorigioco. Mio padre me l'ha dovuto spiegare solo una decina di volte. È una cosa di cui vado particolarmente fiera. Trattasi di fuorigioco quando il giocatore che prende la palla si trova oltre la linea dei difensori. Una regola così contorta che sospetto ci sia lo zampino di una donna. Eppure gli uomini, con il loro cervello lineare riescono a capirla. E noi donne, famose per i nostri ragionamenti intricati come il labirinto del Minotauro, non riusciamo a capirlo. È più forte di noi.
Comunque, trovandomi a uscire con un ragazzo mediamente appassionato di calcio, ho cercato di capire cosa ci trovasse di così entusiasmante. Più volte ho dichiarato "stasera mi impegno e guardo la partita dall'inizio alla fine". Regolarmente, dopo aver ammirato attentamente gli addominali dei tizi nello spogliatoio, riuscivo a distrarmi e a perdermi il calcio d'inizio. A quel punto era inutile proseguire l'esperimento. E così non ho mai visto una partita dall'inizio alla fine. Ma neanche metà. È capitato che mio padre mi dicesse "Eleonora, guarda un attimo cosa succede che io devo fare questa cosa, così poi mi racconti". E regolarmente perdevo di vista il televisore e non mi rendevo nemmeno conto che qualcuno avesse segnato o che qualcun altro fossebstato espulso. Che ci devo fare? Sono negata.
E così, non potendo capire il calcio, ho cercato di capire gli uomini che lo seguono. Tanto per cominciare ho sfatato il mito del multitasking come prerogativa femminile. Anche gli uomini sanno essere multitasking. Ma solo se questo viene applicato al calcio. Un uomo è in grado di guidare, seguire la radiocronaca e sostenere una conversazione a tema calcistico contemporaneamente. Non chiedetegli però di ascoltare un vostro racconto mentre cerca parcheggio perché va oltre le sue capacità. Ma come è possibile? Non parliamo poi di effettuare contemporaneamente due attività complesse come giocare a un videogioco e rispondere alla domanda "quanto zucchero vuoi nel the?". Non ci può proprio riuscire.
Un'altra cosa che non capisco sono le trasmissioni che parlano di calcio. Tizio ha fatto fallo, Caio ha simulato, lì c'era un rigore, là non c'era il fuorigioco. Vanno avanti ore a piangere sul latte versato e a rimuginare. Ore e ore di dibattiti su cose che ormai sono così. Mettetevi l'anima in pace. Però se la loro dolce metà chiede loro un'opinione la risposta è monosillabica. "Amore, cosa ne pensi dell'aborto?" "No." "Tesoro, cosa pensi della fecondazione assistita?" "Sì." Figuriamoci se poi l'argomento è introdotto senza enfatizzare il punto di domanda: "Sai, Tizia è rimasta incinta di uno conosciuto in discoteca e ha deciso che lo tiene anche se i suoi non sono d'accordo". Silenzio di tomba. "Amore, hai sentito?" "Sì" "E..?" "E cosa?" "Cosa ne pensi??" Sguardo vacuo seguito da "Contenta lei!". Va beh, ok. Ci rinuncio.

lunedì 20 gennaio 2014

Malati (di risparmio)

Lo zapping serale è sempre fonte di grande ispirazione e di grande sbigottimento. Ancora una volta mi sono imbattuta in uno di quegli assurdi programmi di Real Time e ancora una volta mi sono ritrovata a fissare lo schermo incredula e contrariata.
Questa volta la pietra dello scandalo è un programma intitolato "Malati di risparmio". Già dal titolo non ci si aspetta nulla di vagamente normale. Ho cercato di soprassedere sul tizio che fieramente mostrava la vasca da bagno in cui raccoglieva l'acqua usata per lavarsi per poi riutilizzarla per lavare i piatti (una volta a settimana) e per fare il bucato (una volta al mese). Purtroppo, nonostante i tentativi della mia mente di rimuovere questa informazione, non riesco a dimenticare la vista di quell'acqua non troppo pulita e soprattutto priva di sapone. L'unica cosa che mi conforta è che uno spilorcio così non invita nessuno a cena e quindi nei piatti "lavati" nell'acqua sporca ci mangia solo lui.
Come tutti questi programmi a metà tra l'assurdo e il grottesco, ogni puntata prende in considerazione due squilibrati. Ed è qui che mi sono partiti gli istinti omicidi. La seconda malata era una donna giovane sposata con un uomo succube dell'avarizia della consorte e madre di due tenerissimi bambini. Bambini per i quali io vorrei chiamare i servizi sociali. Si dà il caso che l'adorabile mammina razioni tutto quello che le passa tra le mani. Il suo motto è "per risparmiare bisogna contare tutto". E così questa squilibrata a piede libero raziona la carta igienica a tutta la famiglia: sopra la vaschetta del water fa tre mucchietti (mamma, papà, figlio di 3 anni) e attribuisce a ogni componente un numero di strappi di carta. Di solito non sono previsti più di 3 strappi a testa al giorno. Vorrei che ti venisse il colera. L'unica che si salva da questa angheria è la figlia più piccola in quanto portatrice di pannolino. Spero che non razioni anche quelli.
A un certo punto la risparmiatrice folle ha mostrato al mondo come raziona cibo e bevande ai due pargoli. Alle due vittime innocenti viene dato da bere "il succo", che si compone di 1 parte di succo di mela e 5 parti di acqua. Per ammissione del padre "quella roba deve avere un gusto terribile, ma intanto loro non sanno che gusto ha il succo vero". Ma stai scherzando? Posso dire che sei uno stronzo? Se poi i vostri figli crescono e vi ammazzano nel sonno io vengo in America solo per stringere loro la mano. Ma non è finita qui. Vengono razionati i waffles (una striscia di quadratini per ogni anno di età) e i cereali (14 pezzi contati e se non li finisci la prossima volta te ne do 12). A un certo punto il bimbo più grande ha chiesto se poteva avere il bacon, richiesta seguita da gridolini di approvazione da parte della sorellina. La risposta della mamma è stata "Tesoro, il bacon si mangia a Natale!". A questo punto non ho tirato il telecomando contro lo schermo solo perché poi avrei dovuto ricomprare la TV.
Io capisco che non si possano allevare i figli accontentandosi ogni loro richiesta. E capisco anche che il risparmio sia un'arte a me sconosciuta, però a tutto c'è un limite. Io spero che qualcuno abbia tolto i figli a quella pazza. Comunque, come al solito Real Time non ha dato il titolo giusto alla trasmissione. "Malati di mente" sarebbe stato più appropriato.

giovedì 16 gennaio 2014

Shopping mortale

Bisogna riconoscerlo: a volte noi donne riusciamo a essere ossessionanti. E ossessionate. Soprattutto quando si parla di shopping, centri commerciali o saldi. Se poi riusciamo a fare shopping sfrenato in un centro commerciale durante i saldi è la fine. Per le nostre finanze e non solo.
Non so quante di voi abbiano al proprio fianco degli uomini pienamente addomesticati allo shopping sfrenato. L'uomo medio preferirebbe spararsi nei gioielli di famiglia piuttosto che lanciarsi nella bolgia infernale delle svendite. Alcuni spinti da un amore immenso accettano loro malgrado la tortura. Altri vengono trascinati con la forza o con ricatti di ogni tipo.
Il risultato è che donne con gli occhi iniettati di sangue pronte a una guerra all'ultimo sangue per accaparrarsi l'occasione irripetibile vengono accompagnate da uomini così oppressi dalla noia che a fatica trascinano i piedi da un negozio all'altro. I più spavaldi che si rifiutano di entrare nell'ennesimo negozio vengono subito redarguiti e fustigati dalla compagna davanti agli occhi colmi di compassione degli altri uomini e agli occhi compiaciuti delle altre donne. Punirne uno per educarne cento.
Credo che nel caos dei saldi più di una coppia sia scoppiata e più di un matrimonio sia finito in divorzio. Un tizio si è pure suicidato. E' successo in Cina qualche giorno fa. Dopo 5 ore di shopping incessante e svariate discussioni un poverino si è lanciato dal settimo piano del centro commerciale. Una soluzione drastica ma efficace per porre fine alla tortura. Mi chiedo solo se non sarebbe stato più semplice mollare lì la fidanzata e andarsene.
Un pochino gli uomini in queste situazioni mi fanno pena. E tenerezza. Io non ho mai obbligato nessun uomo a fare shopping con me. E' come costringere un gatto a fare il bagno. E' una violenza psicologica. Però ho visto tanti uomini ciondolare davanti alle porte dei negozi o fuori dai camerini. Sono adorabili. Si scambiano sguardi comprensivi con altri poveretti nella loro stessa orribile situazione. Qualcuno cerca anche di sdrammatizzare con qualche battutina. Battutina per cui vengono inevitabilmente cazziati dalle loro dolci metà.
Credo che per gli uomini la cosa più estenuante di tutta questa faccenda non sia il fatto che debbano passare il pomeriggio a correre da un negozio all'altro invece di stare sul divano a guardare la TV. O il fatto che vengano spesi fiumi di denaro che loro avrebbero investito in modo sicuramente più intelligente (almeno secondo loro). La cosa più estenuante sono le nostre domande. Domande di fronte alle quali l'uomo medio rimane interdetto tanto quanto la donna media di fronte a una discussione sul fuorigioco. "Tesoro, cosa dici questo vestito è meglio blu petrolio o verde bottiglia?" Domanda interessante se capisci che diavolo di colore sia il blu petrolio. "Amore, secondo te questa gonna mi ingrassa?" Le rispondi di si sapendo che te lo rinfaccerà a vita o le dici di no mandandola in giro con una gonna che la fa sembrare più larga che lunga? "Caro, secondo te questi pantaloni prugna stanno bene con la camicetta corallo che ho comprato la scorsa settimana?" Supponendo che questo poverino sappia com'è il color corallo, di sicuro non si ricorderà che cavolo di camicetta hai comprato la settimana prima. E se anche se la ricorda, non saprà mai con che colori può essere abbinata.
Vogliamo davvero biasimarli se quando si parla di shopping si vanno a nascondere sotto alla credenza come dei gattini impauriti e vi guardano spaventati come un cane in mezzo all'autostrada? Lasciateli a casa. Loro saranno più felici e voi più veloci nel destreggiarvi tra un'occasione e l'altra. E soprattutto ci perdoneranno se per compensare la loro mancanza abbiamo speso qualche euro in più del previsto.

lunedì 13 gennaio 2014

Buon inizio e lieto fine

Come augurio per un felice anno nuovo voglio raccontarvi una storia di quelle che piacciono a me. Una storia romantica con un lieto fine. Forse.
C'era una volta una principessa bellissima che si trovava in una grande e immensa città chiamata Hong Kong per festeggiare con i suoi amici l'inizio del nuovo anno. Tra un festeggiamento e l'altro la principessa perse il suo seguito e si ritrovò da sola per le strade della metropoli. La principessa, evidentemente un po' oca come tutte le principesse che si rispettino, non trovò soluzione migliore che scoppiare in lacrime.
All'improvviso apparve un bellissimo principe. Se ve lo state chiedendo, non era in calzamaglia come quel gay da quattro soldi del Principe Azzurro. L'animo buono e cavalleresco del principe non potè rimanere indifferente di fronte alle lacrime di una donzella disperata. E così il principe si fece carico della principessa dispersa e festeggiarono insieme tutta la notte. Festeggiarono finchè lei non ritrovò i suoi amici e piantò in asso il principe. Bella stronza. Come ringraziamento, si lasciò scattare una foto e gli disse "Mi chiamo Katie e sono di Washington DC. Trovami."
L'impavido giovane, un po' rincoglionito dalla bellezza della principessa, invece di maledirla per il resto dei suoi giorni per il suo comportamento da opportunista, si mise sulle sue tracce. Inziò a navigare per quel mare infinito chiamato Web e la sua storia fece il giro del mondo conosciuto. Molti giovani si presero a cuore la storia del coraggioso principe e della sfuggente principessa. E così tutte le Katie del regno furono stalkerizzate a tappeto dai sudditi del principe. Tutti i menestrelli cantarono le gesta del prode innamorato alla ricerca della sua bella e tutto il pianeta venne a conoscenza della vicenda incompiuta.
Ora, dopo un anno di ricerche, il principe, che in realtà è un ragazzo neozelandese, ha ritrovato la sua bella americana. Nonostante lei abbia eliminato il suo profilo dai social network alla ricerca di un po' di privacy. Adesso il nostro eroe sta aspettando che l'impatto mediatico della vicenda vada scemando per contattarla.
Io mi auguro solo che non si prenda un due di picche dopo tutta questa fatica.